Comprendere come gli altri animali esprimano i propri stati affettivi è un passo fondamentale verso la comprensione del loro vissuto in relazione (e questo a sua volta si ripercuote sulla nostra capacità di fornire loro condizioni di benessere).
Molto importante a livello etologico-relazionale è il concetto di “marcatore non invasivo degli stati affettivi”, che indica tutti quei segnali, espressioni e parametri fisiologici che possiamo registrare/campionare durante (o dopo) l’osservazione di un animale, per comprendere il suo stato affettivo, senza sottoporlo a procedure invasive (il prelievo del sangue, l’applicazione nel/sul corpo di sensori, eccetera). Tra i marcatori non invasivi, registrabili durante l’osservazione, possiamo pensare ad esempio a posture del corpo, del capo, delle orecchie, della coda, all’apertura della bocca, alla frequenza di respirazione, alla quantità di sclera oculare visibile, alla sudorazione, alla dilatazione delle narici, alle espressioni facciali, alla pelle d’oca, alla piloerezione, ai tremori, alla prossemica, all’immobilità, alle vocalizzazioni, alla lateralizzazione dello sguardo, eccetera. Tra quelli registrabili dopo l’osservazione possiamo invece pensare all’analisi delle feci.
Maggiore è il numero di marcatori degli stati affettivi individuati per un animale e maggiore è la nostra capacità di comprensione dei suoi stati cognitivi-emotivi e quindi delle sue necessità.
I marcatori comunemente utilizzati per lo studio dei mammiferi sono moltissimi. Per lo studio degli uccelli invece ne abbiamo pochissimi.
Per cominciare a colmare questo divario, un gruppo di ricercatori ha recentemente studiato se, l’arrossamento della pelle del viso nelle galline (guancia, lobo dell’orecchio, bargiglio e cresta) fosse un marcatore degli stati affettivi utile e a quali stati affettivi fosse correlato precisamente.
Questo indicatore è particolarmente interessante dal punto di vista storico, perché per molto tempo fu considerato un’espressione emozionale unicamente umana (“la più peculiare e anche la più umana di tutte le espressioni emotive”, scriveva Charles Darwin nel suo seminale libro sulle emozioni del 1872). In tempi più moderni, i cambiamenti della colorazione della pelle del viso si sono in realtà osservati in altri animali, anche non appartenenti alla classe dei mammiferi: ad esempio, i capovaccai pileati (Necrosyrtes monachus) e gli Ara gialloblu (Ara ararauna). Gli uccelli noti per arrossire hanno la pelle nuda altamente vascolarizzata, rendendo il viso un possibile bersaglio specifico per il sistema nervoso autonomo.
Durante lo studio, diverse galline sono state filmate, sia in ambienti naturali che in ambienti artificiali controllati progettati per suscitare vari stati affettivi:
1. Stati di calma (valenza positiva e basso livello di eccitazione): riposo (gallina sdraiata con gli occhi aperti o chiusi), preening e alimentazione (gallina che consuma mangime abituale o che pascola).
2. Stati di eccitazione e gratificazione (valenza positiva e alto livello di eccitazione): bagni di sabbia e offerta di ‘premietti’ molto graditi (camole della farina).
3. Stati legati alla paura (valenza negativa e alta eccitazione): cattura manuale della gallina con contenzione in braccio per 1 minuto.
Il rossore della pelle del viso è stato misurato (quantificato) dalle immagini ad altissima risoluzione estratte dai video.
Lo studio ha rivelato che le galline mostravano il grado più alto di arrossamento della pelle del viso in situazioni negative di elevata eccitazione (associate alla paura), un arrossamento forte ma inferiore in situazioni positive di elevata eccitazione (offerta di camole della farina) e il più basso livello di arrossamento in situazioni positive di bassa eccitazione (situazioni di calma, contentezza, come il riposo e il preening). Va tenuto presente che la cresta, essendo un tratto influenzato, per dimensioni e intensità del colore, anche dallo status sociale del singolo individuo all’interno della gerarchia di dominanza del pollaio, può essere una parte di per sé più complicata da valutare, mentre il rossore della guancia e del lobo dell’orecchio sembrano essere un indicatore più affidabile (serviranno ulteriori studi per capire meglio queste differenze).
Attraverso una serie di ulteriori analisi, i ricercatori hanno poi cercato di comprendere se l’arrossamento potesse essere utilizzato anche per valutare la qualità della relazione umano-animale.
Negli animali domestici, compreso il pollame, la presenza umana spesso induce paura (influendo sull’esperienza di vita in generale). Il comportamento dei custodi umani ovviamente influenza in modo significativo la relazione.
Due gruppi di galline, uno abituato agli umani e uno non abituato agli umani, sono stati confrontati in un test di reattività ai ricercatori. Le galline abituate hanno mostrato paura e arrossamento della pelle del viso significativamente inferiori in presenza di esseri umani rispetto alle galline non abituate.
L’arrossamento della pelle del viso si è quindi dimostrato essere un marcatore utile anche per valutare il livello di fiducia nella relazione con gli umani (e quindi la qualità dell’esperienza a monte dell’osservazione).
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