La mente ed il comportamento animale sono ambiti piuttosto complessi della zoologia e tra le cose più complesse in queste macroaree ci sicuramente sono lo sviluppo e le relazioni. La maggior parte delle volte che viene chiesto perché un determinato soggetto, inserito in una determinata rete relazionale, si comporti in un certo modo, si è obbligati a rispondere “dipende”. Il motivo non è la mancanza di voglia: è che senza un’osservazione organica della sua personalità, della sua storia e delle dinamiche in cui si muove, non è possibile fare ipotesi sensate (e comunque anche con un quadro osservativo più completo la sfida è spesso più che ardua). Nella dimensione relazionale, in particolare per le specie che vivono in società, stormi, branchi e colonie, la complessità e il numero di livelli interagenti è tale che l’utilizzo di schemi interpretativi/predittivi che tengano conto del singolo organismo e/o livello, restituirà sempre un profiling parziale, semplicistico e deformante. A nostro giudizio, pochi studi etologici hanno saputo dare giustizia di questa complessità come l’osservazione etologica delle colonie di macachi rhesus di Robert A. Hinde (famoso etologo britannico deceduto nel 2016, che fu docente dell’Università di Cambridge e istruì tra gli altri Patrick Bateson, Tim Clutton-Brock, Dian Fossey e Jane Goodall) .
Osservando le scimmie interagire naturalmente in colonia, Hinde comprese presto che l’ambiente sociale in cui si sviluppa il cucciolo non consiste di un certo numero di individui isolati, ma di individui che interagiscono fra loro entro sistemi di complessità crescente.
Capire cosa sia implicato in questa idea può essere più semplice considerando la vita e le relazioni dei macachi.
I cuccioli dei macachi rhesus sono tenuti quasi sempre in braccio dalla madre per qualche settimana, dopodiché cominciano a lasciarla per periodi progressivamente più lunghi. Le madri variano nella loro permissività, cosa che probabilmente influisce sullo sviluppo del piccolo. Inoltre la madre all’inizio determina quali sono gli altri individui del gruppo con i quali il piccolo può interagire. Per esempio, all’inizio incontrerà le femmine adulte che siedono abitualmente accanto a sua madre. Col tempo le sue interazioni sociali cambiano carattere: quelle con individui strettamente imparentati diventano relazioni forti, mentre gli altri individui rimangono semplici “conoscenti”.
Questo è un quadro generale ma la struttura del branco è complessa e la natura più particolare dell’ambiente in cui si sviluppa il piccolo dipende dalla posizione sociale che sua madre occupa nel gruppo. Per esempio, a seconda che questa appartenga ad una linea di discendenza materna piccola o grande, con pochi o molti parenti stretti in grado di intervenire a suo favore, a seconda che la madre occupi ruoli dominanti o subordinati nella rigida gerarchia del gruppo, a seconda che sia più o meno capace di difendere gli interessi del piccolo negli incontri con gli altri, a seconda che il piccolo abbia pochi o molti fratelli/sorelle con cui giocare e impostare le future relazioni gerarchiche.
Oltre a ciò, fattori demografici possono influire sull’ambiente sociale del piccolo. Col crescere del branco, i piccoli vengono a contatto con un numero maggiore di individui, dei quali però una minor percentuale è costituita da parenti stretti. La prossimità di estranei induce le madri ad essere più restrittive, cosicché la rete di rapporti sociali del piccolo torna a concentrarsi sulla parentela più stretta. Ciò a sua volta può determinare le linee di scissione del gruppo.
In conclusione, i tipi di cambiamento che possono agire sullo sviluppo sociale del piccolo sono davvero numerosi. Questo vale per i macachi come per molti altre specie. Interpretare il comportamento passato, presente e futuro di un particolare individuo, oltre che riconoscere la sua unicità, necessita pertanto di tenere conto di questa complessità e di un’osservazione, per così dire, “multilivello”.