Tutto parte dalla curiosa distribuzione di una solanacea selvatica (Solanum lycocarpum), detta lobeira o wolf apple, che a quanto pare cresce in densità maggiore attorno ai nidi di formiche tagliafoglie. Per capire il perché bisogna seguire la catena di simbiosi connesse: i crisocioni (Chrysocyon brachyurus) sono canidi sudamericani onnivori (tra l’altro ‘onnivori obbligati’, perché a quanto pare la cattività ci ha insegnato che fornirgli una dieta di sola carne ha effetti letali) e una delle loro piaghe è un terribile parassita ascaride (Dioctophyme renale) detto verme gigante dei reni. La loro strategia per non soccombere ai danni letali causati dalla verminosi è nutrirsi dei frutti della lobeira: la carica tossica della solanacea è infatti tollerata dal crisocione ma devastante per gli ascaridi. Il frutto di lobeira è piuttosto indigesto e sostanzialmente viene espulso nelle feci con una buona percentuale di polpa parzialmente digerita ancora attaccata ai semi. Qui entra in gioco l’etogramma del crisocione che è solito marcare il territorio, con urina e feci, sfruttando l’elevazione dei cumuli di terra delle colonie di formiche che punteggiano la savana del cerrado (un ottimo sostituto dei pali della luce). Grazie all’attività di marcatura, il frutto predigerito dal canide diventa accessibile alle formiche tagliafoglie (che sono specie coltivatrici), le quali ne staccano la polpa ammorbidita, la tritano con le mandibole e la utilizzano come concime per il loro simbionte fungino. I semi non sfruttati della pianta (accumulati superficialmente come rifiuti dalle formiche), si sviluppano intorno ai formicai in nuove piante di lobeira, per la gioia del crisocione: la catena ha di nuovo inizio!
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“Female maned wolf”
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