Parliamo di cognitività nel mondo degli animali.
Darwin ipotizzò che la scelta del compagno contribuisse all’evoluzione delle capacità cognitive. Le capacità cognitive al contempo possono diventare esse stesse oggetto di valutazione da parte di un potenziale partner, innescando così un circuito evolutivo che si autoalimenta. Nella nostra specie, ad esempio, le capacità cognitive di un individuo possono renderlo più attraente come compagno, e influire sulla scelta anche al di là di altre caratteristiche come la prestanza fisica, la bellezza, la salute, lo status sociale.
Ma cosa sappiamo delle altre specie in questo frangente? Solitamente siamo abituati a pensare che gli altri animali scelgano i propri partner esclusivamente sulla base di particolari caratteri morfologici cospicui (il più delle volte accoppiati a ‘costi produttivi’ elevati), che funzionano da segnale-stimolo. In quest’ottica la scelta si potrebbe risolvere in un meccanismo tipo chiave-serratura: il carattere ‘giusto’ accoppiandosi con un particolare schema mentale presente nel soggetto selezionante, attiverebbe in cascata una serie di risposte che si concludono nell’atto riproduttivo.
Una ricerca sul pappagallino ondulato (Melopsittacus undulatus) ha però recentemente rivelato che questo uccellino sa padroneggiare forme di valutazione molto più complesse, che nell’atto della scelta sessuale operano su più livelli cognitivi, similmente alla specie umana.
Per verificare nel dettaglio queste capacità, diversi gruppi di pappagallini sono stati fatti partecipare a un esperimento cognitivo.
In una prima fase, le femmine potevano scegliere ‘a colpo d’occhio’ tra due maschi messi semplicemente in mostra. Le lievi (ai nostri sensi) differenze tra i due potevano essere imputabili all’aspetto (e/o alle capacità di canto?). Ad ogni modo, di ogni coppia la femmina sceglieva un soggetto e ne scartava un altro.
In una seconda fase dell’esperimento tuttavia, i ricercatori permettevano alla femmina di ottenere informazioni in più sui due maschi. Nella fattispecie al maschio inizialmente rifiutato veniva data opportunità di mostrare le proprie abilità cognitive in un difficile esercizio di problem solving per ottenere accesso a una mangiatoia, che il maschio inizialmente selezionato dalla femmina (il maschio preferito sulla base dell’aspetto) non era capace di risolvere.
Nella maggior parte dei casi, dopo aver assistito a questa dimostrazione, la femmina cambiava idea e sceglieva di fare coppia con il pappagallino inizialmente rifiutato nella prima fase.
In altre parole il riconoscimento di capacità cognitive più elevate in un partner si rivelava prioritario su una scelta meno informata, sulla base del solo aspetto fisico.
Per verificare le effettive capacità di valutazione delle femmine, i ricercatori hanno progettato due esperimenti di controllo: uno in cui il problem solver veniva sostituito da una femmina altrettanto capace e uno in cui il maschio preferito non aveva accesso al cibo mentre il maschio scartato poteva accedervi liberamente (senza problem solving). In entrambi i casi le femmine mantenevano la propria scelta sul maschio (‘preferito’) selezionato a colpo d’occhio per il suo aspetto esteriore, nella prima fase. In altre parole non cambiavano idea.
Possiamo quindi comprendere che in assenza di altre informazioni l’aspetto sia un elemento importantissimo, ma certamente non l’unico: dimostrare di saper usare il cervello è un fattore di valutazione non secondario che può modificare completamente il giudizio delle femmine.
I vantaggi di una scelta così complessa e al contempo così ‘oculata’ nella prospettiva delle future cure parentali (in particolare paterne), coerentemente all’ipotesi darwiniana, potrebbero essere stati il motore evolutivo per lo sviluppo e la diffusione delle diverse (e notevoli) capacità cognitive necessarie all’abilità di selezione/valutazione femminile. A loro volta queste abilità potrebbero essere state cooptate per numerosi altri comportamenti adattativi (magari oggetto essi stessi di giudizio, come appunto l’accesso a risorse alimentari ‘difficili’), spiegando come l’intelligenza di questi uccelli (e non solo) sia via via progredita.
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