La morfologia cranica dei mammiferi è caratterizzata da un’elaborata muscolatura, che ha aperto la strada a forme complesse di segnalazione visiva: durante la comunicazione, i movimenti individuali dei muscoli facciali vengono combinati per creare segnali facciali compositi.
Negli ultimi anni l’etologia ha mostrato un crescente interesse per lo studio delle espressioni facciali degli animali domestici e una ricerca scientifica, recentemente pubblicata su Behavioral Processes (il 18 Ottobre 2023), ha prodotto dei risultati davvero sorprendenti sul gatto.
Lo studio mirava a documentare i vari segnali facciali che i gatti producono durante le interazioni intraspecifiche affiliative e non, utilizzando sistemi di codifica delle espressioni facciali (FACS) progettati appositamente per questa specie.
I ricercatori hanno osservato il comportamento di 53 gatti domestici residenti presso il CatCafé Lounge di Los Angeles, in California, un’organizzazione di salvataggio senza scopo di lucro, fondata (nel 2018) per aumentare i tassi di adozione dei gatti attraverso la socializzazione intra e interspecifica. Il luogo presenta una pianta interna aperta dove i visitatori possono interagire con circa 20-30 gatti adottabili, alloggiati in gruppi. Durante i mesi più caldi, gatti ed esseri umani possono interagire anche in un’area patio esterna (recintata), collegata al soggiorno.
In questo contesto, i ricercatori sono stati in grado di raccogliere 194 minuti di riprese video che presentavano 186 eventi comunicativi. In questi eventi comunicativi, hanno codificato un totale di 688 segnali facciali (413 prodotti da maschi e 275 da femmine). Dei 688 segnali facciali codificati (escludendo quelli legati alla respirazione, alla masticazione, allo sbadiglio, eccetera), il 45% è stato definito amichevole, mentre il 37% è stato classificato come aggressivo. Un restante 18% era così ambiguo da poter rientrare in entrambe le categorie (il gatto non sarebbe gatto senza un po’ di mistero!). Una cosa interessante notata dai ricercatori è che alcune delle espressioni amichevoli dei gatti assomigliano a quelle di umani, cani, scimmie e altri animali.
In totale, dalla combinazione delle diverse attività muscolari facciali durante questi eventi, i ricercatori hanno potuto individuare 276 diverse espressioni facciali feline, decisamente più di quante si pensava che i gatti fossero capaci di fare. Un repertorio non così lontano dalle 357 prodotte dagli scimpanzé che sono probabilmente i mammiferi con forme espressive più complesse dopo l’essere umano.
Ciascuna espressione felina combinava circa quattro dei 26 movimenti facciali unici, tra cui labbra socchiuse, mascella abbassata, pupille dilatate o ristrette, battiti di ciglia e semibattiti, angoli delle labbra tirati, leccate del naso, baffi protratti o retratti e/o varie posizioni delle orecchie. Gli esseri umani mostrano 44 movimenti facciali unici e sappiamo che i cani ne mostrano 27 (anche se non c’è ancora consenso sul numero totale di espressioni in questa specie).
Ciò che esattamente i felini si stavano “dicendo” con queste espressioni non era sempre chiaro, ovviamente. Uno dei pattern confermati è che i gatti tendono a muovere le orecchie e i baffi verso un altro gatto durante le interazioni amichevoli e ad allontanarli durante le interazioni ostili. Anche le pupille ristrette e le labbra che si leccano tendono ad accompagnare le interazioni aggressive.
I risultati di questo studio sono già stati presi in considerazione per possibili applicazioni pratiche: un giorno potrebbero essere utilizzati per progettare un’app che aiuti i proprietari di gatti a comprendere meglio anche i segnali facciali meno evidenti dei gatti con cui convivono, aiutando la comprensione profonda e di conseguenza il legame tra gatto e umani.
Tutti i parenti stretti del gatto domestico (tra cui appunto il gatto selvatico africano), sono animali fortemente solitari. Per via delle loro origini, quindi, i gatti domestici sono sempre stati considerati, erroneamente, come una specie assolutamente non sociale. I risultati di questo nuovo studio suggeriscono invece una situazione ben diversa e servono certamente ulteriori approfondimenti nei contesti relazionali, tanto nelle case quanto nelle colonie, in cui diplomazia, alleanze, legami affettivi (e non solo interazioni conflittuali) sono chiaramente alla base della vita in gruppo.
Al di là di aiutarci a comprendere meglio la comunicazione del gatto domestico, questi risultati supportano un’interessantissima ipotesi evoluzionistica, cioè quella secondo cui il processo di domesticazione, portando a una maggiore varietà di interazioni sociali intraspecifiche tra i gatti, avrebbe selezionato per una maggiore varietà di espressioni utili a mediare le interazioni affiliative (e non) cruciali per la gestione dei legami sociali. I nostri amici felini potrebbero aver sviluppato così una gamma di sogghigni, sorrisi e smorfie nel corso dei loro 10.000 anni di domesticazione, un’importante evoluzione della comunicazione felina che è il risultato dell’adattamento alle relazioni sociali nell’ambito domestico.
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