Come tutti prima o dopo avremo visto, lo sbadiglio è spesso causa di una reazione a catena: una persona sbadiglia, poi un’altra, poi un’altra. Anche fingere uno sbadiglio di fronte a qualcuno innesca qualcosa nel profondo del cervello dell’osservatore che lo farà rispondere a sua volta, quasi incontrollabilmente, con uno sbadiglio. È proprio per questo motivo che molti studi hanno assunto questo tipo di contagiosità come elemento a supporto della presenza di sistemi specchio e di risposte empatiche connesse a questo tipo di meccanismo neuromotorio.
Come già riportato in altri articoli sul nostro sito e sui nostri corsi, la contagiosità dello sbadiglio non è stata osservata soltanto nell’uomo, ma anche in altri animali, tra cui scimpanzé e cocoriti. Sappiamo che nel cane, che è indubbiamente l’animale domestico più capace di leggere ed essere influenzato dalle nostre emozioni e dal nostro linguaggio (verbale e non), il contagio dello sbadiglio si è esteso anche alla relazione interspecifica: i nostri amici a quattro zampe sbadigliano infatti anche in risposta agli sbadigli dei proprietari. Una cosa incredibile, che sembrerebbe certamente da imputare alla storia di forte selezione per la vita e la cooperazione con l’uomo che ha caratterizzato il cane.
Eppure, uno studio pubblicato a maggio del 2020, su Frontiers in Veterinary Science, ha evidenziato come anche gli elefanti africani (Loxodonta africana) si siano dimostrati suscettibili agli sbadigli umani.
Zoë Rossman, ricercatrice presso l’Università del New Mexico e autrice di questa scoperta, ha osservato e registrato il comportamento di dieci elefanti africani appartenenti al Knysna Elephant Park nel Western Cape, una delle più importanti strutture del Sud Africa per elefanti recuperati e/o orfani.
In questo contesto gli elefanti sono ovviamente abituati all’uomo e curati dai custodi del parco, con cui gli animali nel tempo stringono rapporti affettivi. Quindi, a livello comportamentale e relazionale, questi elefanti sono per certi aspetti più simili ad animali domestici che alla loro controparte libera in ambiente naturale. Tuttavia, nonostante questo, non sono animali su cui si è operata una selezione comportamentale artificiale e multigenerazionale nel senso inteso dal processo di domesticazione. La loro incredibile capacità relazionale e le eventuali sovrapponibilità con animali come il cane, in questi contesti, va più correttamente attribuita alla grandissima intelligenza emozionale e sociale di cui i pachidermi sono naturalmente dotati.
Durante la sua ricerca nel parco, Rossman non ha solamente osservato che gli elefanti rispondevano, in molti casi, agli sbadigli dei caregivers umani, ma ha scoperto anche una relazione positiva tra familiarità tra i partecipanti e probabilità di sbadigli: gli elefanti vengono contagiati più frequentemente da alcuni umani, quelli con cui hanno una relazione personale più stretta. Questa osservazione risulta coerente con diversi altri studi, che rilevano similmente il ruolo fondamentale della famigliarità nell’elicitare risposte ‘empatiche’ e mimetiche. Gli elefanti, secondo i risultati ottenuti dalla Rossman sono anche in grado di distinguere gli sbadigli veri da quelli simulati (con la bocca semplicemente aperta), essendo contagiati più frequentemente da quelli autentici.
Questo studio dovrebbe certamente alimentare ulteriori riflessioni sull’effetto dannoso che la rozza gestione umana di questi animali (sia come individui, sia come società) produce ormai da troppo tempo.
Secondo Zoë Rossman “Il fatto che abbiamo osservato un elefante, un animale così lontanamente imparentato con noi, sbadigliare contagiosamente con gli umani, sottolinea quanto siano altamente sviluppati. È una relazione che merita ulteriori indagini.”
https://www.youtube.com/watch?v=MzMcTsCTfXw