Echidna, etologia
Parliamo di etologia e zoologia.
Nonostante sia un mammifero, l’echidna è un animale oviparo. È dotato di un curioso muso appuntito, di una lunga lingua appiccicosa, è fornito di aculei come un porcospino, possiede un marsupio (pur non essendo un marsupiale), vive quanto un elefante asiatico (fino a 40-50 anni) e, come se non fosse già abbastanza originale così, il maschio possiede un pene che termina con 4 estremità disposte a ventaglio.
Questi animali appartengono all’antico ordine dei monotremi, nome che indica il fatto che siano dotati, proprio come uccelli e rettili, di un’unica apertura (cloaca) sia per le escrezioni e la riproduzione. Molto particolari sono anche le zampe (in particolari le posteriori, con i piedi orientati all’indietro) dotate tutte di potenti artigli, necessari per scavare tane e raggiungere l’interno dei nidi di formiche e termiti di cui si nutrono. L’echidna non ha i denti ma riesce a sminuzzare i corpi duri delle sue prede sbattendoli contro il palato e schiacciandoli con la lingua. Quando deve sfuggire ad un predatore, può mettere in pratica due strategie: la “palla acuminata” (un po’ come i ricci) e la “nave che affonda” (in questo caso le echidne spaventate scavano e scavano finché in superficie non rimangono visibili sono gli aculei).
Ma veniamo all’aspetto etologico di cui ci interessa parlare: la riproduzione. Da un punto di vita relazionale, questo animale australiano si mostra timido e solitario, ma nella stagione riproduttiva (durante l’inverno) forma particolari aggregazioni in movimento. Infatti, in questo periodo, la femmina si mette in cammino e comincia a diffondere feromoni per attrarre più maschi nella sua area. Raggiunta la femmina, i maschi formano un vero e proprio “trenino” al suo seguito, in un lento ma ininterrotto inseguimento (in cattività sono state registrate marce di ben 10 ore al giorno, praticamente l’intero periodo di veglia). L’inseguimento può coinvolgere fino a 10-11 maschi e durare anche diverse settimane. Non appena per la femmina è arrivato il momento giusto, si ferma, di solito in prossimità di un albero. I maschi che non si sono arresi prima, si contenderanno l’onore dell’accoppiamento, in una gara che li vedrà spingersi l’un altro con la testa per raggiungere il posteriore della femmina. Per il vincitore della disputa il lavoro non è ancora finito: la posizione di display con cui la femmina mostra la propria disponibilità all’accoppiamento, richiede che il maschio scavi una sorta di trincea sotto il posteriore di lei per raggiungerne la cloaca sdraiandosi (e anche così, a volte è necessario sollevarla un po’ di forza). Circa venti giorni dopo, la femmina deporrà un uovo grosso come un acino d’uva, orientando la cloaca verso il proprio ventre, per far arrivare l’uovo al marsupio. Lo terrà al caldo in questa plica di pelle per una decina di giorni, dopo i quali ne uscirà un agitatissimo cucciolo, che nutrirà con il latte secreto attraverso la pelle (come gli ornitorinchi, anche le echidne mancano di capezzoli).
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