La produzione di mangimi destinati all’allevamento intensivo sta mettendo a rischio la sopravvivenza dei pinguini. A dirlo è uno studio condotto da WWF, Bird Life Europe e Compassion in World Farming, che ha evidenziato un preoccupante calo del pesce a disposizione di questi volatili.
La competizione, infatti, si è fatta troppo dura per i pinguini: da una parte la pesca sfrutta in maniera sempre più pesante gli stock ittici e, dall’altra, c’è la necessità di nutrire non solo le persone, ma anche gli animali degli allevamenti intensivi. Col risultato che, a rimanere senza pesce, sono proprio questi abitanti del mare.
Sempre meno pinguini
I dati mostrano che, dal 2004, la popolazione di Pinguino del Capo, conosciuto anche col nome di pinguino dai piedi neri (Spheniscus demersus), è calata del 70%. E questo proprio a causa della mancanza dei piccoli pesci, alimento principale nella dieta di questi uccelli che finisce in pasto a maiali, polli e salmoni allevati.
Secondo le associazioni animaliste, 10 delle 18 specie di pinguini sono listate dall’Iucn, l’Unione internazionale per la conservazione della natura, come a rischio.
Tra le specie maggiormente minacciate ci sono anche il Pinguino delle Galapagos (Spheniscus mendiculus), specie endemica delle omonime isole, e il Pinguino degli Antipodi (Megadyptes antipodes), unica specie ancora vivente del genere Magadyptes e che ha il suo areale di distribuzione in Nuova Zelanda .
Insomma, la sopravvivenza dei pinguini è un problema globale che necessita di interventi urgenti.
Fonte: rivistanatura.com