Pesci ed emozioni
Che il comportamento dei pesci sia modulato dalle emozioni è ormai un fatto scientificamente comprovato nonostante gli scetticismi. Diverse ricerche hanno studiato, verificato e pubblicato a proposito della presenza di stati emozionali in questi vertebrati, analizzando di volta in volta le molecole neuroendocrine che ne mediano l’espressione (in molti casi omologhe delle nostre, come ad es. il cortisolo e l’ossitocina); le strutture cerebrali che le elaborano (ad es. il pallio medio-laterale, le cui funzioni sono sostanzialmente le stesse della nostra amigdala); i comportamenti visibili che ne sono la manifestazione; l’azione degli psicofarmaci su di essi (non a caso congrua a quella ottenuta sui mammiferi in stati emozionali comparabili).
Le emozioni più facilmente indagabili, in questi come in altri animali, sono come sempre quelle legate a paura, stress, ansia… Ma in che modo mostrano paura i pesci? Ad esempio, cosa fanno quando avvicinati da un predatore? Oltre a respirare più velocemente, subire un aumento della temperatura corporea (emotional fever) e rilasciare feromoni d’allarme, i pesci mostrano sostanzialmente gli stessi comportamenti esibiti dagli animali terrestri quando sono spaventati: possono fuggire, nascondersi, rimanere impietriti (freezing), cambiare colore, cercare di sembrare più grossi, eccetera. Sul lungo termine possono smettere di frequentare la zona in cui hanno provato paura e/o smettere di alimentarsi per un certo
tempo.
Vista l’apparente inespressività di questi animali, anche accettata l’emozione come stimolo endogeno, ci risulterà particolarmente difficile immaginare che l’emozione sia qualcosa sia qualcosa che i pesci sanno comunicare. L’errore antropomorfico in questo caso è pensare che senza espressioni facciali non esista un’espressione emozionale manifesta. Gli animali tuttavia, come già detto si esprimono attraverso una moltitudine di altri mezzi: feromoni e comportamenti sono i principali mezzi attraverso cui i pesci comunicano il proprio stato emotivo e questo è ciò che rende possibile il “contagio emotivo“. Anche nei pesci infatti la percezione dello stato emotivo altrui, scatena specularmente lo stesso stato emozionale.
Frans de Waal definisce il “contagio emotivo” come la corrispondenza istantanea dello stato emotivo tra un osservatore e un dimostratore. Questo fenomeno è stato spiegato attraverso il meccanismo di percezione-azione, che postula che la percezione dello stato di un dimostratore innesca un sistema neurale, inconscio e automatico rappresentazione dello stesso stato nell’osservatore, causando un’espressione equivalente di comportamenti. Per molto tempo si è pensato che queste capacità/sistemi fossero prerogativa dei soli mammiferi e in particolare dei primati.
Oggi tuttavia il contagio emotivo è verificato anche in altri animali, tra cui uccelli e pesci. Quali caratteristiche avesse questo meccanismo nei pesci tuttavia era ignoto fino a poco tempo fa. Nei mammiferi ad esempio una componente importante del contagio emotivo è la famigliarità tra i soggetti coinvolti nell’esperienza: rispondiamo più frequentemente e prontamente alle emozioni dei soggetti che conosciamo, con cui conviviamo e con cui abbiamo legami affettivi.
Recentemente un gruppo di ricerca ha verificato questa caratteristica anche nei pesci zebra. Per l’esperimento, pesci allevati in gruppi di 6, sono stati presi singolarmente e alloggiati temporaneamente in una vasca trasparente, vicina a un’altra vasca in cui potevano osservare ora un pesce zebra del proprio gruppo (famigliare), ora un pesce zebra sconosciuto, stimolato da un feromone di allarme o da una sostanza neutra di controllo (acqua distillata). Come previsto, l’aggiunta di acqua distillata non suscitatava alcun cambiamento comportamentale né nel dimostratore né nell’osservatore. L’aggiunta di un feromone d’allarme invece innescava comportamenti antipredatori tanto nel pesce dimostratore, quanto nel pesce osservatore. L’estensione quantitativa delle espressioni di paura evocate dal contagio inoltre è risultata influenzata dalla famigliarità: quando guardavano un famigliare in difficoltà i pesci mostravano espressioni comportamentali più cospicue e prolungate, rispetto a quando guardavano un pesce sconosciuto.
Il successo di questo esperimento ci mostra contemporaneamente diverse capacità importanti nel pesce zebra dal punto di vista cognitivo:
1) La presenza di espressioni emozionali;
2) La capacità dei pesci di apprendere lo stato emozionale di un conspecifico a partire dall’osservazione delle sue espressioni comportamentali;
3) La capacità di essere influenzati dalle emozioni espresse e di esprimersi in a propria volta in modo congruo (contagio emotivo);
4) La capacità di discriminare individualmente pesci diversi (famigliari o sconosciuti) attraverso l’uso della sola vista;
5) La capacità di dare maggior priorità/importanza all’espressione emozionale di soggetti famigliari, rispetto a soggetti sconosciuti (coerentemente a quanto già osservato nei mammiferi sociali).
Dal punto di vista della relazione umana con questi animali, questi risultati hanno implicazioni interessanti per il benessere dei pesci perché mostrano che i pesci sono emozionalmente più intelligenti e sensibili del previsto e possono subire distress emozionale semplicemente osservando altri pesci stressati/sofferenti. Ancora una volta potremmo aver sottovalutato enormemente la sensibilità di altre specie che tendiamo a etichettare con pregiudizio come organismi “inferiori”.
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