Orche (Orcinus orca)
Le orche sono note da sempre note per la loro indole imprevedibilmente pacifica verso l’uomo, in ambiente marino: pur essendo superpredatori, gli attacchi verso esseri umani in tutto il XX secolo sono stati probabilmente meno di una decina e non tutti certamente intenzionali. Non una grande cifra, considerato che questi cetacei sono detti “killer whales” (in italiano: balene assassine). Decisamente molti di più gli incidenti nei parchi acquatici, alcuni dei quali letali, che però dicono più della pericolosità delle condizioni di distress cronico in cattività, che dell’etologia e culture di questa specie.
Proprio per questi motivi, una serie di attacchi a barche a vela e yacht, da parte di un gruppo di orche al largo delle coste iberiche, sta facendo scalpore da diversi mesi.
Le segnalazioni di incontri aggressivi sono iniziate per la precisione nel maggio 2020 e seguono uno schema ben definito, con le orche che si avvicinano da poppa per colpire il timone, per poi perdere interesse una volta che sono riuscite a fermare la barca.
In oltre 500 eventi di interazione registrati dal 2020, le navi affondate sono attualmente solo 3, ma l’intenzionalità degli attacchi non sembra essere in discussione. Uno studio pubblicato nel 2022 conferma che, nella maggior parte dei casi segnalati, le orche si sono dirette verso il timone e lo hanno morso, piegato o rotto.
I proprietari di uno degli yacht attaccati, nella notte del 4 maggio 2023 nello Stretto di Gibilterra, hanno riportato la presenza di due orche più piccole e una più grande: secondo il loro racconto, inizialmente i piccoli attaccavano il timone sul retro, mentre l’orca più grande speronava l’imbarcazione di lato, con grande forza, poi le due piccole hanno cominciato ad imitare la grande e, con una leggera rincorsa, sono andate a sbattere anche loro contro la barca. Le guardie costiere spagnole hanno salvato l’equipaggio ma la nave è affondata. Due giorni prima di questo incidente, un branco di sei orche aveva assalito una barca a vela che navigava nello stretto. Una delle persone a bordo ha spiegato che sembrava che una madre stesse insegnando al suo piccolo come caricare il timone.
Alcuni non escludono che gli attacchi possano essere una forma di gioco ‘pesante’, ma questa opinione non sembra trovare molto consenso tra chi se ne sta occupando direttamente: se il comportamento si sta diffondendo è “perché lo considerano qualcosa di importante nella loro vita” – ha affermato il Dott. López Fernandez, biologo esperto di cetacei coinvolto nella ricerca su questi attacchi – “le orche sembrano percepire il comportamento come vantaggioso, nonostante il rischio che corrono sbattendo contro le strutture delle barche in movimento”.
I modi e la localizzazione del fenomeno non lasciano molti dubbi sul fatto che queste interazioni aggressive siano opera di uno stesso gruppo: stiamo assistendo al diffondersi di una cultura ‘piratesca’ all’interno di una popolazione. Ma come è iniziato tutto questo?
I ricercatori al lavoro su queste dinamiche parlano di un “comportamento difensivo basato sul trauma“: pensano che un’orca di quelle zone (una femmina che chiamano White Gladis) abbia iniziato l’assalto alle barche dopo essere stata colpita e/o ferita da una di esse e che il suo comportamento si stia diffondendo attraverso le complesse reti di comunicazione e apprendimento sociale che contraddistinguono questi animali. Si sospetta inoltre che White Gladis fosse incinta nel momento in cui ha cominciato le sue rappresaglie contro le imbarcazioni e che, quindi, quanto riportato dai testimoni sia in effetti l’avvistamento di questa orca con la sua prole.
Va aggiunto che, negli ultimi anni, 4 orche della piccola popolazione iberica sono state trovate morte e, anche se non è stato possibile confermare che barche, yacht o pescherecci siano stati la causa dei decessi, la correlazione è altamente probabile. La paura verso questi mezzi potrebbe aver quindi raggiunto un picco tra i superstiti e averli resi più ricettivi verso il comportamento bellicoso della loro compagna White Gladis.
È l’inizio di una nuova era di conflitto con l’uomo? Le azioni di pirateria si consolideranno nella cultura delle orche atlantiche? Non è detto: come in tutti gli animali sociali con culture molto articolate, anche nelle orche esiste il fenomeno della “moda passeggera”, un comportamento avviato da uno o due individui e ripreso temporaneamente da altri, per poi essere abbandonato. Anche questi attacchi difensivi verso le barche potrebbero rivelarsi momentanei.
Queste considerazioni, nel complesso, per quanto ancora in larga misura speculative, sono importantissime nella prospettiva dell’Etologia Relazionale: impegnarsi a comprendere le motivazioni individuali e la soggettività delle orche coinvolte in questa vicenda è l’unico modo per approcciarvisi empaticamente, per evitare forme d’odio speciste alimentate dal box mentale che tutte le orche sono uguali e dall’idea che il comportamento di questi cetacei sia mosso esclusivamente da istinti distruttivi. Diverse opinioni online si sono affrettare a ritrarre uno scenario del tipo “noi-contro-loro”: una visione di questo genere è deleteria e inutile, in una realtà in cui non possiamo immaginarci isolati dalle interazioni con altre specie. Riconoscere che dietro questi eventi esiste uno scenario di emozioni, aspettative (spesso tradite), proiezione al futuro, empatia, pianificazione e cultura, significa capire come trovare soluzioni che possano mitigare, in modo rispettoso, i conflitti sviluppatisi, per capire, senza pregiudizio, quali comportamenti possiamo modificare affinché la convivenza in quei mari con le orche sia possibile.
Per chi si occupa della salvaguardia dei cetacei, la preoccupazione è alta, soprattutto sul piano politico. L’ultimo censimento, pubblicato nel 2011, ha registrato solo 39 orche iberiche. Questo significa che qualsiasi forma di ritorsione verso questi animali diverrebbe un enorme problema di conservazione per questa sottopopolazione già in via di estinzione, oltre che un problema ecologico (essendo specie chiave degli ecosistemi marini). Dal nostro punto di vista, anche sul piano culturale il problema non sarebbe inferiore: un ennesimo fallimento sul piano delle relazioni con gli individui non-umani con cui condividiamo il pianeta.
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