La testimonianza che qui riportiamo con gioia ci è stata inviata dalla nostra studentessa Marzia Pennati!
Marzia ha gentilmente condiviso con noi la sua emozionante esperienza di volontariato internazionale in un centro di recupero australiano per koala e la nostra speranza è che il suo racconto possa essere d’esempio e ispirazione per molti altri tra i nostri studenti (e non solo ovviamente).
Con le sue parole, Marzia ci ha confermato ancora una volta che l’esperienza di conoscere e liberare un animale selvatico nel suo ambiente, è sconfinatamente più grande di quella di possederlo!
Mi chiamo Marzia Pennati, ho 27 anni e sin da piccolina ho sempre avuto una grande passione per il mondo animale e soprattutto per quel lontanissimo continente chiamato Australia. Ricordo come se fosse ieri tutti i cataloghi dell’agenzia di viaggi di mia mamma che ritagliavo nelle pagine che raffiguravano koala, canguri, pinguini e tutta la fauna australiana. Aspettavo solo clienti che prenotavano viaggi in Australia per cercare di vivere questo sogno insieme a loro in attesa di poterlo realizzare concretamente. È trascorso tanto tempo da quei momenti ma non ho mai smesso di credere in questo sogno e di aspettare la giusta occasione. Fu così che una domenica di marzo, verso sera, aprendo la mia posta elettronica, trovai una proposta per il mese di agosto come volontaria al Koala Hospital di Port Macquarie, una cittadina vicino a Sidney. Non potevo credere che tutto questo stesse capitando proprio a me, anzi, pensavo addirittura si trattasse di una mail indesiderata.
Immediatamente scrissi alla signora Rita Saunders, la coordinatrice di questo ospedale, per capire di cosa si trattasse e avere maggiori informazioni perché non potevo credere di poter finalmente lavorare a stretto contatto con i miei amati koala. La signora Rita mi rispose proponendomi uno stage per tutto il mese di agosto e la cosa più incredibile è che tutti gli altri 149 volontari sarebbero stati persone locali, mentre io la persona più fortunata al mondo: l’unica volontaria internazionale del mese di agosto.
Non mi dilungherò nel raccontarvi del viaggio, perché voglio subito condividere con voi le emozioni e le sensazioni della mia prima giornata al Koala Hospital:
Erano le ore 8.00 del 5 di agosto 2019 ed avevo un appuntamento con la signora Rita che, dopo avermi guidato nel tour di esplorazione dell’ospedale, mi fornì tutte le informazioni principali e mi portò dalla prima koalina da accudire quella stessa mattina: Joy. È stato amore a prima vista, un vero e proprio colpo di fulmine. Era così piccola, dolce e con occhi così profondi, che mi ha subito scaldato il cuore.Joy si trova al Koala Hospital perché ha perso la mamma in un’incidente stradale ed è in cura per via della clamidia che le è stata trasmessa dalla stessa mamma. La clamidia è una brutta malattia che colpisce il 90% dei koala e può intaccare sia gli occhi, sia gli organi interni e purtroppo è trattabile ma non ancora totalmente curabile. Nonostante la necessità di cure attente, per me fu subito come in un sogno: essere così vicina ai koala, per la prima volta, era un’emozione incredibile, per non parlare dell’attimo in cui presi tra le mani la siringa con la pappa e, immediatamente, Joy mi strinse la mano con la sua zampina!
Questa pappa, chiamata “formula”, viene somministrata due volte al giorno ai koala che, per svariate motivazioni, ne hanno bisogno oltre al pasto principale, cioè le foglie di eucalipto.
Ogni giorno al Koala Hospital abbiamo un “team leader” ovvero un responsabile che, dopo aver effettuato il controllo mattutino per accertarsi che tutti i koala abbiano trascorso una notte tranquilla, assegna ad ogni volontario le gabbie da pulire. Il “team leader” scriveva i nostri nomi su tre diverse lavagne nella “day room”, ovvero la stanza principale. La prima lavagna rappresenta la “ICU”, l’unità intensiva dove i piccoli koala hanno bisogno di un ambiente tranquillo, lontano da ogni tipo di stress, di pericolo e di una pulizia quotidiana molto più attenta e scrupolosa. Qui vengono monitorati costantemente dai veterinari del centro che ogni giorno fanno del loro meglio per poterli curare e per poterli poi trasferire nello spazio esterno, destinato alla riabilitazione. La seconda lavagna rappresenta la “Rehab” ovvero l’area in cui i koala vengono curati per poi essere rilasciati in natura. Entrambe queste due aree non possono essere né visibili né accessibili al pubblico! La terza lavagna invece sta ad indicare gli “Exhibit” ovvero l’area destinata a quei pazienti speciali che resteranno per sempre al Koala Hospital, perché impossibilitati dalle loro condizioni al percorso di riabilitazione e rilascio. Loro sono gli unici ospiti che il pubblico, durante il tour pomeridiano condotto da volontari, può vedere da vicino, conoscerne le storie, assistendo infine al momento più atteso: la pappa. Tutti i volontari chiamano ironicamente questo momento: “room service”!Dopo aver letto il nostro nome sulla lavagna ci rechiamo nell’area dove vengono quotidianamente disposti i rami di eucalipto. Ogni gabbia ha il suo numero di riferimento con tanto di nome del koala. Successivamente tagliamo i grandi rami e le foglie con un forbice perché possano essere ben distribuiti negli appositi contenitori che ogni giorno puliamo con uno spazzolone, di modo che i koalini possano raggiungere il loro cibo da ogni posizione. Dopodiché rinfreschiamo il mazzo di foglie di eucalipto con una canna dell’acqua, che è presente in ogni gabbia, e prima di passare al koala successivo, puliamo la gabbia con un’apposita paletta e un secchiello. Ogni gabbia ha due contenitori per l’eucalipto: un contenitore bianco che contiene le foglie fresche della giornata e un contenitore rosso che chiamiamo “riciclo” con le foglie del giorno precedente. Alla fine di tutto il lavoro, svuotiamo gli escrementi in un grande secchio nero e le foglie con i rami scartati in un altro grande contenitore.
La mattina si svolge il lavoro più impegnativo e, come una grande squadra, appena terminato il proprio lavoro, si corre ad aiutare gli altri, cosicché tutti i koala, entro le 11.00, possano avere la loro colazione servita e la cameretta pulita. Nel pomeriggio invece siamo molto meno numerosi perché ci occupiamo di rinfrescare tutti i mazzetti di eucalipto di ogni gabbia, di verificare che ogni koala abbia tutto in ordine e somministriamo la formula ai koalini che ci vengono assegnati dalla responsabile. Alla fine di tutto, verso le 15.30/16.00, puliamo la stanza principale, gli uffici, la sala veterinaria “open space”, facciamo le lavatrici per le tutte le salviette che vengono utilizzate per i koala che, a causa della clamidia, hanno delle perdite e rimaniamo sempre pronti e reperibili per qualsiasi chiamata di soccorso e eventuali (attesissimi) rilasci in natura.
Durante la mia permanenza ho potuto assistere a salvataggi, rilasci in natura, controlli veterinari, ho imparato a costruire le gabbie, ho messo ogni giorno tanto amore e tanta passione perché i koala potessero sentirsi protetti e loro, con un solo sguardo e scambio di zampa, mi hanno riempito la vita giorno dopo giorno.
Proprio prima di lasciare questo paese meraviglioso, questi animali stupendi e la mia seconda grande famiglia, ho avuto la possibilità di rilasciare la koalina Melinda in natura.
Dopo aver effettuato tutti gli esami medici per accertarci che Melinda stesse bene, siamo saliti sulla “Koala Ambulance” (una vera e propria ambulanza per il salvataggio e il rilascio di koala) e siamo partiti alla volta dell’aeroporto della cittadina, nella zona in cui l’avremmo liberata. Dopo aver scelto l’albero migliore, con l’aiuto del veterinario Scott Castle, abbiamo liberato Melinda. È stata un’emozione così forte che siamo rimasti tutti incantanti nel vederla salire libera su quell’albero e abbiamo subito scattato delle fotografie come ricordo di questo momento così unico e indimenticabile.
Mi auguro di avervi potuto emozionare e spero che, dal mio racconto di viaggio, possiate percepire e assaporare questa spettacolare esperienza che si può vivere e sentire solo con il cuore.
Marzia Pennati
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